La sola differenza tra noi e un condannato a morte è che non ci viene comunicata la data dell’esecuzione. Ci muoviamo come funamboli sull’abisso, dalla culla alla tomba. Con un irriducibile malessere sottotraccia. E un’unica, ingombrante, ineludibile certezza. Se tuttavia abbiamo il privilegio di assaporare la magia dei momenti è soprattutto perché sappiamo che non torneranno. La felicità è dunque un premio di consolazione, elargito all’umanità da misericordiosi Dei immortali? Oppure un’astuzia di Madre Natura che, pur di conservare la specie e attirarci nella tragica magnifica trappola della vita, ha architettato una serie di potenti incentivi e ingegnosi stratagemmi come l’innamoramento, l’orgasmo, l’amore materno, l’estasi, l’arte? Demone proteiforme, prisma dalle infinite sfaccettature, la felicità. Quanti volti ha assunto, nelle diverse epoche? Dimensione interiore effimera, capricciosa, schiva, che muta di pari passo con l’avanzare dell’età. Specchio capace di catturare le inclinazioni di ognuno. Vertigine incarnata in miliardi di anime, e corpi. Leggendaria creatura che si libra sulle ali delle più imprevedibili circostanze. Qual è il comun denominatore fra la felicità di un antropofago, di un esorcista, di un compositore? “Il carattere è destino”, ci insegna Eraclito. E molte concause concorrono a formarlo: il bagaglio cromosomico, l’educazione ricevuta, il contesto, gli incontri, l’epigenetica… Indagare la felicità attraverso la lente della mitologia ci aiuta a indagarne il significato originario. Nell’antica Grecia, la dea degli eventi felici, e della fertilità, era Eutuxia. I Latini la ribattezzarono Felicitas. Ecco, se in assenza di vita, la felicità ci è preclusa, ne discende che la fertilità diventa sinonimo di felicità. La filologia, che ha sempre il merito di cogliere e disvelare le trame primigenie della realtà riflesse nel linguaggio, ci conferma che i termini “femmina”, “feto”, “fertile”, “fecondo”, “felicità” derivano tutti dalla traslitterazzione della radice indoeuropea “dhe”, che rimanda a nutrire, suggere. Analogamente, nel protolatino, “fela” è la mammella”. Abbiamo così individuato la più autentica essenza della felicità, una componente ancestrale, carica di vitalità, che ha sprigionato irradiazioni anche sul piano concettuale, tanto da consentire alla lingua di registrarne i riverberi. Come luce di stella che sveli i segreti del proprio nucleo. A ognuno di noi sarà capitato di avvertire talvolta una sorta di beatitudine solitaria, un istante di perfetta comunione con il creato, un’esperienza talmente intima, ineffabile, misteriosa, da non poterla descrivere con precisione, o trasferire davvero, nemmeno alle persone più care. Ciononostante l’epifania della felicità, il suo irrompere in noi, spesso non attiene solo alla sfera squisitamente individuale. Ma sboccia e si sviluppa in un ambito assai più ampio. Giacché l’essere umano è un animale sociale che, sotto il profilo antropologico, è la risultanza di una molteplicità di fattori, quali il legame con un determinato territorio, il gruppo etnico di appartenenenza, la lingua, la religione, usi e costumi maturati in centinaia di migliaia d’anni, una certa idea di etica e di estetica…
La única diferencia entre nosotros y un condenado a muerte es que no nos dicen la fecha de ejecución. Nos movemos como equilibristas sobre el abismo, desde la cuna hasta la tumba. Con un malestar subyacente irreductible. Y una certeza única, engorrosa e ineludible. Sin embargo, si tenemos el privilegio de saborear la magia de los momentos es sobre todo porque sabemos que no volverán. ¿Es entonces la felicidad un premio de consolación otorgado a la humanidad por dioses misericordiosos e inmortales? O una astucia de la Madre Naturaleza que, para preservar la especie y atraernos a la trágica y magnífica trampa de la vida, ha inventado una serie de poderosos incentivos e ingeniosas estratagemas como el enamoramiento, el orgasmo, el amor maternal, el éxtasis, el arte. ? Demonio proteico, prisma de infinitas facetas, felicidad. ¿Cuántas caras ha adoptado en diferentes épocas? Una dimensión interna efímera, caprichosa, tímida, que cambia con la edad. Espejo capaz de captar las inclinaciones de todos. Vértigo encarnado en miles de millones de almas y cuerpos. Criatura legendaria que vuela sobre las alas de las circunstancias más impredecibles. ¿Cuál es el denominador común entre la felicidad de un antropófago, de un exorcista, de un compositor?“El carácter es el destino”, nos enseña Heráclito. Y a su formación contribuyen muchos factores: el bagaje cromosómico, la educación recibida, el contexto, los encuentros, la epigenética… Investigar la felicidad a través de la lente de la mitología nos ayuda a investigar su significado original. En la antigua Grecia, la diosa de los acontecimientos felices y la fertilidad era Eutuxia. Los latinos la rebautizaron Felicitas. Aquí, si en ausencia de vida la felicidad nos es excluida, se sigue que la fertilidad se convierte en sinónimo de felicidad. La filología, que siempre tiene el mérito de captar y revelar las texturas primordiales de la realidad reflejada en el lenguaje, confirma que los términos "femenino", "feto", "fértil", "fértil", "felicidad" derivan todos de la transliteración del indo. -Raíz europea “dhe”, que hace referencia a nutrir, chupar. De manera similar, en protolatino, “fela” es el pecho”. Hemos identificado así la esencia más auténtica de la felicidad, un componente ancestral, lleno de vitalidad, que también ha liberado radiación a nivel conceptual, hasta el punto de permitir que el lenguaje registre sus reverberaciones. Como la luz de las estrellas que revela los secretos de su núcleo.Cada uno de nosotros habrá sentido alguna vez una especie de dicha solitaria, un instante de perfecta comunión con la creación, una experiencia tan íntima, inefable, misteriosa, que no podemos describirla con precisión, ni transmitirla verdaderamente, ni siquiera a nuestras personas más queridas. . Sin embargo, la epifanía de la felicidad, su irrupción en nosotros, a menudo no concierne sólo a la esfera exquisitamente individual. Pero florece y se desarrolla en un ámbito mucho más amplio. Dado que el ser humano es un animal social que, desde el punto de vista antropológico, es el resultado de una multiplicidad de factores, como el vínculo con un territorio determinado, la etnia a la que pertenece, la lengua, la religión , hábitos y costumbres desarrollados en cientos de miles de años, una determinada idea de ética y estética...
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