Il caso, la morte di un neonato e la responsabilità penale del medico Il caso specifico su cui la Cassazione si è espressa di recente riguardava una paziente sottoposta in passato a due cesarei, che presentava dolore pelvico e condizioni cliniche critiche. Nonostante ciò, il medico non aveva predisposto un controllo cardiotocografico continuo, né monitorato adeguatamente la ripresa del travaglio, omettendo di diagnosticare tempestivamente il rischio di rottura uterina. La mancata diagnosi ha portato, appunto, a una rottura della parete uterina, con conseguente shock emorragico e grave sofferenza ipossica per il neonato, poi deceduto. La difesa sosteneva che il medico avesse agito in conformità con le linee guida, le quali non prevedevano obbligatoriamente un monitoraggio continuo in quel contesto. Ma la Cassazione ha rigettato del tutto l'argomentazione. In un'altra circostanza era già stato dato un giudizio simile, e cioè che quando si parla di linee guida, "non si tratta di uno 'scudo' contro ogni ipotesi di responsabilità". Esse devono essere utilizzate solo se adeguate rispetto all'obiettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente. Questo è quanto era emerso dalle Sezioni Unite nella sentenza Mariotti n. 8870 del 2017. Così, il sanitario avrebbe un "mezzo attraverso il quale recuperare l'autonomia nell'espletare il proprio talento professionale e, per la collettività, quello per vedere dissolto il rischio di appiattimenti burocratici. Evenienza dalla quale riemergerebbero il pericolo per la sicurezza delle cure e il rischio della 'medicina difensiva', in un vortice negativo destinato ad autoalimentarsi", ha concluso la Cassazione nel 2017. Nel caso in questione, il quadro clinico della paziente richiedeva un controllo costante che avrebbe potuto prevenire l’evento fatale. La donna, nonostante i precedenti, dopo la somministrazione di un farmaco per le contrazioni è stata lasciata sola per quattro ore, fino all'emorragia a cui è seguito un intervento chirurgico che ha portato a conseguenze fatali per il neonato. La Corte ha ritenuto la condotta omissiva del medico caratterizzata da un grado di colpa elevato e penalmente rilevante. Il principio sancito dalla Cassazione rafforza l’obbligo per i medici di adottare un approccio personalizzato, discostandosi dalle linee guida quando queste si rivelano inadeguate, in linea con le migliori prassi mediche.
El caso, la muerte de un recién nacido y la responsabilidad penal del médico El caso concreto sobre el que se pronunció recientemente el Tribunal de Casación se refería a una paciente que había sido sometida a dos cesáreas anteriormente y que presentaba dolores pélvicos y condiciones clínicas críticas. A pesar de ello, el médico no había dispuesto un seguimiento cardiotocográfico continuo, ni había supervisado adecuadamente la reanudación del parto, sin diagnosticar rápidamente el riesgo de rotura uterina. La falta de diagnóstico provocó, de hecho, una rotura de la pared uterina, con el consiguiente shock hemorrágico y un grave sufrimiento hipóxico en el recién nacido, que posteriormente falleció. La defensa argumentó que el médico había actuado de acuerdo con las directrices, que no requerían un seguimiento continuo en ese contexto. Pero la Corte Suprema rechazó el argumento por completo. En otra ocasión ya se había emitido una sentencia similar, a saber, que cuando hablamos de directrices, "no se trata de un 'escudo' contra cualquier hipótesis de responsabilidad". Deben utilizarse sólo si son adecuados con respecto al objetivo de la mejor atención para el caso específico del paciente. Esto es lo que surgió de las Secciones Unidas en el fallo Mariotti no. 8870 de 2017.Así, el trabajador de la salud tendría un "medio para recuperar la autonomía en el ejercicio de su talento profesional y, para la comunidad, ver disuelto el riesgo de aplanamiento burocrático. Eventualidad de la cual el peligro para la seguridad de la atención y el riesgo de 'medicina defensiva', en un vórtice negativo destinado a alimentarse", concluyó el Tribunal de Casación en 2017. En el caso en cuestión, el cuadro clínico del paciente requería un seguimiento constante que podría haber evitado el fatal suceso. A pesar de sus antecedentes, la mujer quedó sola durante cuatro horas luego de la administración de un medicamento para las contracciones, hasta que sangró, lo que fue seguido de una cirugía que tuvo consecuencias fatales para el recién nacido. El Tribunal consideró que las omisiones del médico se caracterizaban por un grado de culpabilidad elevado y penalmente significativo. El principio establecido por el Tribunal Supremo refuerza la obligación de los médicos de adoptar un trato personalizado, alejándose de las directrices cuando éstas resulten inadecuadas, en línea con las mejores prácticas médicas.
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